mercoledì 30 marzo 2016

La scampagnata

C'eravamo organizzati con tre macchine per uscire a passare una bella giornata
in un qualche bucolico luogo non ben definito. La mattinata si presentava bene. A parte la frescura di aprile, non si intravedevano minacciosi segnali nell'aria che lasciassero presagire brutte sorprese climatiche. Ci preparavamo ad affrontare una piccola avventura verso una ignota meta armati della nostra perenne allegria e pieni di aspettative per il nostro futuro. Eduardo era un poco più grande di tutti noi. Si era sposato alcuni mesi prima con una delle nostre amiche dopo sette anni di fidanzamento.  Quel giorno, lo invitammo con la moglie a uscire con noi, e lui, con il suo proverbiale e simpatico atteggiamento da uomo sicuro di sé, ci proponeva un elenco infinito di luoghi che intercalava definendoli paradisiaci. Dopo una lunga ed estenuante discussione scegliemmo finalmente la destinazione, anche se non era ancora chiaro il posto preciso. Comunque finalmente partimmo. Eduardo conduceva la carovana con la sua vecchia macchina estera mentre io ero seduto sul sedile posteriore dell'auto che lo seguiva insieme ad altri cinque amici. Tra risate e idiozie che uscivano senza controllo dalle nostre bocche cercavamo di  ammazzare la noia di un tragitto che cominciava a indispettirci per l'incerta conclusione di un viaggio che durava già da due ore. Infine trovammo il posto adatto e corrispondente alle nostre incantevoli aspettative. C'era un bel prato fiorito, qualche mucca qua e là che pascolava serenamente e un ruscello poco distante. Fu una giornata piacevole e allegra. Tra le nostre amiche però, ce n'era una che sembrava non fosse completamente coinvolta dalle nostre spensierate boutade. Sembrava sempre assorta in pensieri più profondi e afflitta da qualcosa che le impediva di godere pienamente  di quei momenti di semplice divertimento.

lunedì 28 marzo 2016

Meglio della televisione

Ci sedevamo a tavola rumorosi e spensierati come lo sono i bambini a quell'età. Il suo posto, com'era d'uso all'epoca, era a capo tavola e ci dava direttive varie riguardo al nostro comportamento. Richiami, scappellotti e pianti erano all'ordine del giorno. Allora, la televisione, che funzionava ad orari ben definiti, la si accendeva a mezzogiorno per seguire il notiziario.Spesso la si teneva spenta quando si pranzava, ma non ne avvertivamo la mancanza. Lui, mio padre, non lasciava vuoti, a tavola parlava sempre coinvolgendo la moglie nelle sue discussioni sugli argomenti più vari. Io, il più piccolo, non capivo tutto delle tante cose che raccontava, però mi piaceva ascoltarlo. E soprattutto mi piaceva quando raccontava episodi di guerra da lui vissuti in prima persona. E li raccontava così bene, che non mi stancavo mai di ascoltarlo. Era meglio della televisione.